Il termine ortognatodonzia deriva da orto = dritto; gnato =
mascellari e donzia = denti; questa parte dell’odontoiatria è volta
a suggerire i mezzi terapeutici più idonei alla correzione delle
anomalie presenti, tenendo in conto anche eventali problemi legati
allo sviluppo delle ossa craniche, nello specifico, e del corpo in
generale.
Grazie all’intervento dell’ortognatodonzia il paziente potrà
migliorare la propria funzione masticatoria, la respirazione, la
deglutizione, la fonesi e, non ultimo, il proprio aspetto estetico.
Per poter stilare una diagnosi il più possibile corretta e impostare
un piano di trattamento accurato, lo specialista esperto in
ortognatodonzia deve esaminare non solo i denti, ma anche la
mascella, la mandibola, le articolazioni, il modo di masticare e
anche il modo in cui il paziente deglutisce. L’ortognatodonzia,
dunque, risulta come una combinazione fra ortodonzia e ortopedia dei
mascellari e si avvale, oltre che dell’esame clinico e delle foto,
anche di modelli in gesso dei denti e di alcuni esami radiografici.
Tali esami andranno poi integrati con un’attenta anamnesi che
individui, inoltre, l’eventuale presenza di "abitudini viziate"
(come interposizione del labbro, deglutizione infantile e
succhiamento del pollice, ecc.).
Fra i principali difetti ortodontici citiamo:
il "morso aperto", che si ha quando i molari chiudono fra
loro, ma i denti anteriori non si toccano; Fig.1
il "morso incrociato", che si verifica quando i molari chiudono, ma
qualche dente superiore chiude internamente a quelli inferiori; Fig.
2
il "morso profondo", quando i molari chiudono tra loro, ma i denti
anteriori superiori coprono troppo quelli inferiori; Fig. 3
l' "affollamento", quando alcuni denti sono sovrapposti agli altri
perché i denti sono larghi o l'osso di supporto è piccolo.
Per quanto riguarda i problemi che interessano il tipo di
rapporto fra mascellare superiore e mandibola si distinguono 3
“classi”:
- nella “prima classe” i denti sono affollati, storti oppure molto
distanziati, sebbene l’arcata superiore sia in posizione corretta
rispetto all’arcata inferiore; Fig. 4
- nella “seconda classe” l’arcata inferiore è troppo indietro oppure
quella superiore troppo in avanti, oppure si verificano entrambe le
condizioni; Fig. 5
- nella “terza classe” l’arcata inferiore è eccessivamente in
avanti, quella superiore troppo indietro oppure si riscontrano
entrambe le condizioni associate. Fig. 6
La causa delle più comuni disgnazie (squilibri a carico
dell'occlusione dentale e della morfologia mascellare) in ortodonzia
è data da una combinazione di fattori ereditari, trasmessi dal
patrimonio genetico dei genitori (affollamenti dentari, denti in
soprannumero, la crescita ossea mascellare o mandibolare in eccesso
o in difetto, ecc.) e ambientali (abitudini viziate, respirazione
orale, perdita prematura dei denti, ecc.).
L'ortognatodontista può intervenire cercando di conservare i denti,
tentando di eliminare le "abitudini viziate", collaborando con un
otorinolaringoiatra (per i casi di problemi o difetti legati alla
respirazione ad esempio).
Si distinguono principalmente 4 fasi terapeutiche:
- la “preventiva” (atta ad eliminare precocemente le cause);
-
l' “intercettiva” che va ad eliminare le abitudini viziate;
-
l' “ortopedico correttiva” per intervenire, in età giovanissima e
per quanto possibile, sui fattori genetici;
-
la “correttiva fissa”, a crescita ormai ultimata, per allineare le
arcate dentarie.
Esiste poi una quinta fase “contenitiva” finale.
Il trattamento ortognatodontico è volto a soddisfare principalmente
due aspetti nella cura del paziente: quello funzionale (per
correggere e/o migliorare l’attività masticatoria e respiratoria ad
esempio) e quello estetico, importante anche sotto il profilo
psicologico e per il benessere del paziente in generale.
I principali tipi di APPARECCHIO di cui si avvale il trattamento
ortognatodontico
L'apparecchio mobile, così chiamato perché il paziente può metterlo
e toglierlo da solo, che rappresenta solitamente la prima fase di
trattamento nei bambini, per correggere le "abitudini viziate",
espandere il palato o guidare la masticazione in posizione corretta.
Gli apparecchi fissi, costituiti da un’apparecchiatura multibande,
attualmente soppiantata da "brackets” (“attacchi") vengono incollati
con resine composite (ogni attacco è unito agli altri da un filo
metallico che viene modellato o sostituito durante le visite di
controllo). Queste apparecchiature possono essere tolte e messe solo
presso lo studio dentistico da personale qualificato.
Per alcuni spostamenti dentali ci si avvale anche di alcuni
apparecchi totalmente intraorali che non richiedano molta
collaborazione da parte del paziente garantendogli allo stesso tempo
anche un’estetica migliore.
Fra le metodologie più comunemente utilizzate figurano l’espansore
palatale e la trazione extraorale. Il primo allarga in modo rapido
un palato troppo stretto in modo da creare spazio in caso ad esempio
di affollamento dei denti. La trazione extraorale invece consiste
generalmente in un archetto metallico denominato “baffo”, il quale
viene inserito in due bande sui molari superiori, e in una trazione
elastica che aiuta a spostare i denti in posizione corretta.
Al termine di ogni trattamento vero e proprio è spesso necessario
usare un ulteriore apparecchio al fine di mantenere il risultato
raggiunto. Si parla in questo caso di “contenzione”, la durata della
quale varia in relazione all’età e al tipo di disarmonia che
affligge il paziente. In genere, comunque, la durata varia da uno a
tre anni. La contenzione è importante in quanto evita quella che
viene definita “recidiva”, ovvero movimenti non desiderati
dell’apparato dentale che potrebbero vanificare gli effetti positivi
del trattamento ortodontico.
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